Migrantes Bergamo

Preti tra i migranti



Preti tra i migranti è il titolo del primo tomo che raccoglie le testimonianze dei sacerdoti bergamaschi che sono stati missionari in Europa, al seguito degli italiani all’estero.
In queste pagine illustreremo le testimonianze (tutte raccolte interamente nel libro appunto) di Gaetano Bonicelli, Bortolo Lino Belotti, Antonio Locatelli, Romeo Todeschini, Paolo Rota, Giacomo Panfilo, Achille Belotti, Pietro Natali, Bruno Caccia, Eliseo Pasinelli, Ernesto Belloni, Alberto Stucchi, Giuseppe Zambelli, Luciano Epis, Mario Carminati, Michele Alessandro Rota e Marco Perrucchini.


Qui sotto l’introduzione di don Massimo Rizzi, direttore dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti, promotore della ricerca "Chiesa di Bergamo in emigrazione", realizzata in collaborazione con il Centro Studi Valle Imagna.

Uno sforzo di memoria per creare speranza

Può apparire strano che mentre si vive l’emergenza sbarchi e l’Italia sembra invasa da nuove ondate di migranti che per svariati motivi giungono da noi, si spenda del tempo e delle risorse nel ricercare e riscrivere fatti ormai passati nel tempo. Ha ancora senso scavare nella memoria di un passato che non dice più nulla ai nostri giorni, dove le condizioni, la vita, la pastorale è cambiata?

Un debito di memoria innanzitutto
Un monito contro la globalizzazione dell’indifferenza: queste le parole, questo il significato della visita che Papa Francesco ha compiuto recandosi a Lampedusa, nel suo primo viaggio pastorale, per portare il suo conforto di pastore a quanti vivono il dramma della migrazione, per risvegliare le coscienze dei credenti e dei non credenti, dei politici e delle associazioni, nel mettere in campo scelte etiche nei confronti di quel mondo che non ha paura di affrontare centinaia di migliaia di chilometri nei mezzi più svariati, pur di tener accesa la speranza in una vita migliore.
Penso, senza alcuna pretesa di protagonismo, che ciò che il Santo Padre ha compiuto in quel gesto si possa rivedere in nuce nell’azione pastorale di molti sacerdoti che nel recente passato si sono prodigati nell’accompagnare i migranti italiani, che andavano oltralpe nel tentativo di ricostruire una vita migliore.
Nelle interviste che seguono si leggono racconti di vita vissuta, nella vicinanza alle persone, vita che prende le mosse dalle proprie famiglie, dagli anni di seminario, le prime esperienze pastorali, fino alla scelta della Missione con gli Italiani all’estero, vissuta come vocazione nella vocazione, ovvero come chiamata a lasciare e partire nuovamente per una nuova terra, non alla ricerca di lavoro o di fortuna, non per studiare o per amore, ma per la fedeltà all’obbedienza alla Chiesa che li chiamava ad accompagnare cristiani che vedevano nella migrazione la loro speranza di vita.
Da tali interviste traspaiono dunque i vissuti, gli aneddoti, anche molto personali, ma altrettanto in modo chiaro, le visioni pastorali e l’immagine di Chiesa che ha mosso questi missionari dei nostri giorni.

Celebrare un anniversario
La raccolta che segue è una delle iniziative che si inseriscono all’interno delle attività e dei lavori svolti lungo l’anno del ventesimo dell’Ufficio per la Pastorale dei 12 Migranti. Venti anni fa, il vescovo Amadei erigeva questo Ufficio per prendersi cura di quello che allora era l’inizio di un fenomeno che nessuno avrebbe mai pensato avrebbe potuto assumere dimensioni così epocali da essere definito fenomeno strutturale con cui nessuno più oggi si può esimere dal confrontarsi.
Quella che allora appariva un’emergenza, oggi è un dato di fatto. I primi arrivi di allora hanno totalmente mutato il volto della nostra società, del nostro Paese e stanno cambiando anche il volto delle nostre comunità civili, sociali e di fede.
In questi vent’anni sono realmente mutate le condizioni di vita, i legami sociali, le appartenenze e le presenze. La società e la Chiesa di oggi è sempre più segnata dalla presenza di persone provenienti da altri Paesi e culture, che portano con sé lingue e tradizioni, religioni e prassi così diversificate da creare confusione anche nella mente di quanti si sono impegnati fin dalla prima ora nell’accoglienza dello straniero che oggi vogliamo chiamare fratello.
Nel compiere vent’anni, l’Ufficio per la Pastorale dei Migranti vuole innanzitutto ricostruire la storia di quanto è stato realizzato in ordine al tema dell’accoglienza, dell’inserimento dei migranti nella nostra società, la realizzazione delle comunità etniche, la sensibilizzazione di parrocchie, vicariati, paesi e varie realtà sociali. Ma esso, come afferma anche il Vescovo nella sua lettera augurale, non vuole che essere una tappa di un cammino ineludibile, in cui è coinvolta tutta la comunità diocesana.
In questo debito di memoria, non poteva mancare la raccolta delle testimonianze di quanti hanno lavorato nella migrazione, su mandato della Chiesa di Bergamo, ovvero di quanti hanno percorso le strade dell’Europa, al seguito dei migranti italiani all’estero. Una storia che ha segnato il nostro Paese (Italiani, popolo di emigranti…) e anche Bergamo: basti vedere le statistiche che all’inizio del secolo scorso stimavano il fenomeno migratorio in uscita come una vera e propria odissea, dalle dimensioni davvero inimmaginabili anche ai giorni nostri, laddove gli spostamenti sono molto più facilitati. Se ci limitassimo a questo potremmo dire di aver svolto una buona operazione di archivio, di raccolta di memorie che possono andare ad arricchire le nostre biblioteche e che possono aiutare gli storici a ricostruire un periodo della storia della Chiesa e della società bergamasca.
Il lavoro dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti non si può limitare ad un’operazione, del tutto legittima e benemerita, della raccolta di racconti e storie: vuole infatti rimettere in circolo queste esperienze vissute dalla Chiesa di Bergamo e che per troppo tempo sono state dimenticate o accantonate per lasciare spazio alle urgenze: "Qui non è come in Missione, qui non è come con gli Italiani all’estero".
Pensiamo che queste affermazioni non solo non siano rispettose di quanto svolto in questi anni dai missionari con gli Italiani all’estero, ma non siano neppure veritiere.
Per questo ci siamo impegnati in questo lavoro di ricerca e di raccolta di racconti: l’esperienza vissuta da chi ha operato in emigrazione può apportare alla nostra Chiesa elementi utili per leggere la situazione attuale, come Chiesa, come società. Se è vero che chi non ha memoria è costretto a rivivere il proprio passato, possiamo dire che la Chiesa di Bergamo ha memoria del suo operato nei confronti degli emigranti e oggi lo rimette in circolo nell’operare nei confronti di chi bussa alle nostre comunità.

Una Chiesa sempre più missionaria
Il nostro Vescovo insiste da tempo sulla dimensione missionaria della Chiesa. Una Missione che ha una lunga storia a Bergamo nella forma dei sacerdoti e dei laici fidei donum, espressione della missionarietà diocesana emblematica ma non unica, proprio perché ad essa si affianca la Missione, ormai anch’essa storica (mentre abbiamo svolto il progetto di raccolta di interviste due sacerdoti sono deceduti) degli Italiani all’estero.
Una missionarietà che ha nella cooperazione tra le Chiese la sua espressione oggi più vivace ed efficace, perché capace di mettere in circolo esperienze e vissuti, modalità di azione pastorale e prassi locali e globali. Tale cooperazione sta crescendo anche nella nostra Chiesa di Bergamo, sia grazie all’arrivo di sacerdoti che operano per i migranti, come anche di sacerdoti boliviani che operano nelle nostre parrocchie, non come allievi che vengono ad imparare la vera pastorale, ma come confratelli con cui condividere la passione per il Vangelo, una passione che non ha i confini ristretti di una etnia, di una lingua o di una popolazione, ma è realmente cattolica perché universale.

Uno sguardo strabico
Un occhio a destra e uno a sinistra. Un occhio rivolto al passato e uno al futuro.
Così si vuole pensare questo lavoro che inizia con un primo volume, ma avrà un duplice seguito.
In questo primo volume, infatti, abbiamo raccolto le esperienze di quei missionari, più o meno giovani, che hanno già concluso la loro esperienza come missionari con gli Italiani all’estero. Riteniamo infatti che il rientro costituisca un punto di delimitazione significativo per rileggere la propria e altrui esperienza migratoria.
In un successivo volume, invece, raccoglieremo le esperienze di quei sacerdoti che ancor oggi sono impegnati con gli Italiani all’estero, in Svizzera, Belgio, Francia e Germania e ultimamente anche in Australia e Inghilterra. Il loro punto di vista ci interpella su due aspetti della pastorale: la cura degli emigranti storici, coloro che vivono all’estero da decenni, e dei loro figli o nipoti, le cosiddette seconde generazioni;
l’attenzione verso i nuovi emigranti italiani, un fenomeno troppo spesso riletto sbrigativamente attraverso la categoria della "fuga di cervelli", dei giovani laureati, ma che in realtà è ben più ampio, soprattutto in questi anni di crisi economica.
Ci sarà anche un terzo volume. Alle preziose storie dei preti con gli italiani all’estero, seguirà una vera e propria ricerca storico-antropologica che includerà anche lo studio delle statistiche, degli archivi parrocchiali e delle Missioni e altro ancora, al fine di dare una visione più ampia e completa della questione migratoria degli Italiani all’estero.
Abbiamo voluto intitolare questo volume Preti tra i migranti e non "tra gli emigranti" perché la condizione di chi lascia la propria terra per un mondo migliore, come ha sottolineato Papa Francesco, è la medesima. Certo, occorre fare le dovute differenze, tra chi giunge oggi in Italia e chi è partito o parte dal nostro Paese.
Riteniamo tuttavia che la rilettura dell’esperienza migratoria da parte dei preti bergamaschi all’estero, ci possa aiutare nell’affrontare la pastorale migratoria oggi, qui nella nostra Diocesi.

Con spirito di gratitudine
È dunque doveroso esprimere la gratitudine a questi sacerdoti che hanno speso gli anni più belli della loro vita nella Missione con gli Italiani all’estero; il grazie anche per la disponibilità a raccontarsi (non è sempre facile raccontare di sé, soprattutto per chi ha portato non solo la propria fede ma anche la propria "bergamaschità", schiva e lavoratrice, nei diversi Paesi di Missione): solo così tuttavia si possono far conoscere esperienze migratorie che hanno toccato il nostro Paese e hanno potuto costruire futuro.
La gratitudine va anche a coloro che hanno condotto questo lavoro: il Centro Studi Valle Imagna, ed in particolare Antonio Carminati la cui professionalità nel condurre le interviste è oltrepassata solo dalla passione nel ricostruire vicende e vissuti, nell’aiutare chi è più riservato e riottoso al racconto, a ricostruire un passato che ha bisogno di essere riletto per comprendere il presente.

Massimo Rizzi
Direttore dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti della Diocesi di Bergamo