Migrantes Bergamo

A cena con il mondo



Domenica 9 giugno possiamo dire di essere stati testimoni di un piccolo miracolo: parlando di cibo, niente a che fare - s’intende - con i cinque pani e due pesci di cui narrano gli evangelisti. Piuttosto, la cena è stata resa straordinaria da tre “ingredienti” essenziali: la partecipazione, l’incontro e la condivisione.

Cominciamo dalla partecipazione. Confesso che quando a settembre abbiamo pensato al progetto caritativo di quest’anno e alla sua possibile conclusione con una cena “multietnica”, ma soprattutto quando ad aprile siamo entrati nella sua fase organizzativa, erano più i timori che le certezze: dovevamo mettere insieme a cucinare persone che non si conoscevano, anzi, che nemmeno noi conoscevamo, e poi la gente che risposta avrebbe dato? La scelta, un po’ obbligata e un po’ voluta, di far preparare i cibi nella cucina dell’oratorio era poi un’altra incognita: diversi di “noi” (intendo nativi di Grumello) erano all’inizio scettici sul fatto che la proposta sarebbe stata ben accettata … La risposta è tutta nei numeri: sette gruppi etnici, oltre agli alpini, impegnati in cucina e quasi seicento persone presenti nel salone dell’oratorio a servire e gustare quanto preparato con così tanta cura.

Ma al di là del soddisfacimento dei gusti, che pure è stato ripagato nel migliore dei modi, la sorpresa forse più bella è stata l’incontro con le persone. Ci sono volute diverse riunioni per mettere a punto la macchina organizzativa e stabilire un metodo di lavoro condiviso con i gruppi che hanno accettato l’invito, direi la sfida di preparare piatti tipici delle proprie terre di origine. Ma alla fine Filippini, Indiani, Marocchini, Senegalesi, Cubani, Peruviani e Albanesi, oltre agli immancabili alpini (Italiani, s’intende!), non solo hanno dato prova di saperci davvero fare ai fornelli ma hanno dimostrato una capacità di convivenza (a un certo punto ci siamo trovati con tre gruppi contemporaneamente occupati in cucina!) e una dote di simpatia e capacità di adattamento davvero inaspettati. È proprio vero che il timore verso l’altro, la diffidenza e il senso di distacco li si supera solo attraverso la conoscenza.

La condivisione è il filo rosso che ha fatto nascere e tenuto unita questa esperienza, arricchita di significati e valori proprio dalle persone che vi hanno preso parte. È un valore che a noi cristiani risulta singolarmente congeniale nella misura in cui trova origine e compimento nell’Eucaristia, è ciò che unisce in modo più forte (dividere-con) chi vive con lo stile del fratello, in fraternità, come il progetto caritativo ci ha un po’ spronati a fare e sul cui significato ci ha invitato a riflettere. Ha condiviso energie e tempo chi si è fatto in quattro per preparare il cibo e chi ha dato una mano per allestire il tutto, ma anche chi ha partecipato da commensale si è messo in gioco sedendosi ad una tavolata un po’ speciale, dividendo appunto uno spazio comune che è apparso subito, complice il tempo, assai ridotto.

Come ha ricordato Damiano, che al microfono ha diretto la serata, la cena di quest’anno è stata un esperimento, un “numero zero”: ci sono alcune cose da migliorare, tante da confermare. Per gli anni a venire vedremo: intanto i primi che hanno detto “io ci sto, quando la rifacciamo?” sono stati proprio quelli che per due giorni si sono messi in gioco con sacrificio ed entusiasmo. Ripartiamo da qui?

per i gruppi caritativi parrocchiali
Paolo Bellini