Migrantes Bergamo

Libro del Mese - Gennaio 2013



Pappalardo Alfio M., Chi non è ospitale non è degno di vivere

Suggestioni per una spiritualità dell'accoglienza
EDB, Bologna 2011

Libro del Mese - Gennaio 2013«Italia: paese solidale che sappia aver cura dei soggetti più deboli, garantendoli dal timore della malattia e dell'isolamento, che sappia accogliere chi arriva in Italia per cercare protezione da profugo o lavoro da immigrato e offrendo l'apporto di nuove risorse umane per il nostro sviluppo. Paese, quindi, l'Italia, da far crescere aperto e inclusivo: già un anno fa, avevamo 420 mila minori extracomunitari nati in Italia – è concepibile che, dopo essere cresciuti ed essersi formati qui, restino stranieri in Italia? È concepibile che profughi cui è stato riconosciuto l'asilo vengano abbandonati nelle condizioni che un grande giornale internazionale ha giorni fa – amaramente per noi – documentato e denunciato?». Così il presidente della repubblica Giorgio Napolitano nel suo discorso alla nazione in occasione della fine dell’anno.
Un tema, quello dell’accoglienza e dell’integrazione, in modo particolare dei minori nati in Italia, caro al Presidente, che si era già pronunciato diversi mesi fa, durante la campagna “l’Italia sono anch’io”, per la cittadinanza dei minori nati in Italia. Una campagna che, nonostante il successo di firme raccolte, non ha avuto seguito: anche il lavoro dell’allora neo e ormai non più ministro Riccardi, accolto da molti operatori con significativa speranza, non ha dato gli esisti sperati.
Le iniziative, sporadiche a dire il vero, di alcuni comuni sparsi su tutto il territorio italiano, per la concessione della cittadinanza onoraria ai ragazzi non si sono poi tradotte in azioni concrete per modificare lo status di quanti sono nati tra noi e hanno compiuto il loro percorso scolastico in Italia. Tra i nostri comuni non possiamo non citare Sotto il Monte – Giovanni XXIII, che in questo anno giovanneo ha voluto ripercorrere le orme del suo più illustre concittadino che 50 anni fa affermava nella Pacem in terris: “Ogni essere umano ha il diritto alla libertà di movimento e di dimora nell’interno della comunità politica di cui è cittadino; ed ha pure il diritto, quando legittimi interessi lo consiglino, di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse. Per il fatto che si è cittadini di una determinata comunità politica, nulla perde di contenuto la propria appartenenza, in qualità di membri, alla stessa famiglia umana; e quindi l’appartenenza, in qualità di cittadini, alla comunità mondiale.” (12).
Per non parlare poi degli episodi targati “razzismo” che ancora hanno segnato l’Italia del pallone, che si diceva, era uno dei luoghi per costruire accoglienza e integrazione: della serie “se il negretto gioca bene, allora è amico”.
Come si colloca la comunità cristiana di fronte a tali episodi? Come si atteggia nei confronti del migrante e di quanti si ergono a defensor patriae di fronte al tema migratorio? Il titolo del libro (a dire il vero ormai già datato, ma sempre molto attuale), nonostante la sua provocatorietà, mostra tutta la sua appropriatezza: perché in effetti una spiritualità cristiana non può prescindere dall’accoglienza di Dio, di sé e dell’altro. “L’accoglienza di Dio chiama in campo la fede. L’accoglienza di sé esige la speranza”: fede e speranza di cui è carico il bagaglio dei migranti, come afferma il papa nel suo messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2013.
Seguendo l’autore, si scopre come nell’immaginario biblico l’ospitalità e l’accoglienza siano tra loro legati a doppio filo: “il cuore inospitale diviene così foriero di morte, di autodistruzione”.
L’autore percorre alcuni testi biblici veterotestamentari mostrando la necessità morale e spirituale dell’accoglienza: «Quando un forestiero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l'amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri in terra d'Egitto» (Lv 19). Israele ha nel suo DNA la diversità: il cammino dell’esodo lo porta a scoprire il suo essere costitutivamente diverso.
Ma è soprattutto il Nuovo Testamento che prende spazio nel volume, per mostrare l’identificazione di Gesù con lo straniero, nonché la sua relazione con la diversità. L’esperienza dell’accoglienza che sconvolge la vita, come nella vicenda di Zaccheo, ammaestra la chiesa nel suo faticoso cammino odierno di incontro con l’altro.
L’ospitalità assume così l’immagine di una realtà vivente, che ha un corpo che si tocca, una voce che si ascolta, “un profumo di cui ci si deve inebriare”, un cuore che batte.
on il supporto del testo biblico, senza tuttavia la pretesa di un’esegesi tecnica e da specialisti, l’autore vuole sollecitare la comunità cristiana che ancora oggi deve dire se stessa anche di fronte al mistero della diversità che incontra lungo le strade del mondo.
Egli tuttavia non restringe il campo dei suoi possibili lettori agli addetti ai lavori, operatori della migrazione o quanti si professano religiosi o credenti in genere: si rivolge a chiunque si sente provocato dal volto dell’altro. «Non è spirituale solo il credente che sa ospitare Dio, lo è anche chi sa ospitare l'uomo. Anzi proprio partendo dalla capacità di ospitare quest'ultimo si ha la certezza di ospitare Dio (Mt 25,40). Per queste ragioni è bene riflettere sul tema dell'ospitalità, cercando di coglierne le dinamiche e le caratteristiche nella convinzione che la spiritualità cristiana si radica sull'ospitalità». Indubbiamente lo fa da un punto di vista credente, senza tuttavia presupporre che chi pratica l’ospitalità debba professare una fede. È certo tuttavia che l’ospitalità, anche se non deriva dalla fede, non può non portare chi la pratica alla soglia del credere.
In un tempo in cui spesso gli atteggiamenti di xenofobia tradiscono la paura del diverso, ripercorrere il vangelo dell'accoglienza significa dire una parola di umanità e di fede al cuore e alla mente dei cristiani.
Una lettura provocante che coniuga la dimensione della fede e le (ancora purtroppo troppo) odierne questioni dell’accoglienza e dell’integrazione.
Restiamo in attesa di un seguito che possa tradurre la lettura biblica in cronaca di un’accoglienza annunciata.

Note sull'autore

ALFIO MARIANO PAPPALARDO (1958) entra nel monastero benedettino di Pontida, studiando presso il Seminario di Bergamo. Completa poi gli studi presso il Pontificio Ateneo Sant'Anselmo a Roma (specializzazione in dogmatica-sacramentaria). Dopo lunga attività in parrocchia, nel 1997 inizia un'esperienza eremitica presso il tempio votivo San Francesco al Terminillo (RI); nel 2000 vi fonda la Fraternità monastica della Trasfigurazione, nella Regola di S. Benedetto e nella spiritualità del monte Tabor. Insegna teologia dogmatica per la Scuola di formazione teologica della diocesi di Rieti ed è parroco al Terminillo.