Il 20 giugno, come ogni anno, si celebra la Giornata internazionale del Rifugiato.
Quest’anno, più che mai in passato, è una data che ci interroga e ci impone di riflettere sulle necessità dell’accoglienza e la tutela delle persone in fuga dai contesti di guerra.
Dal 1° gennaio sono sbarcati in Italia oltre 50 mila profughi, qualcuno è stato accolto anche in Bergamasca nelle strutture di Caritas e della diocesi, avvalendosi della collaborazione della Cooperativa Ruah. Sono famiglie siriane in fuga da un Paese dilaniato dalla guerra da due anni con l’obiettivo di raggiungere il nord Europa dove possono trovare una comunità e una legislazione più accogliente e giovani dell’Africa subsahariana, vittime di persecuzioni e discriminazioni che cercano in tutti i modi una vita migliore.
Mentre i governanti litigano sull’operazione Mare Nostrum, le organizzazioni criminali lucrano sulla pelle di queste persone: dopo gli “scafisti” via mare, ora abbiamo scoperto gli “scafisti” via terra, che ingaggiano i profughi sulla terraferma e cercano di portarli oltreconfine, terra di destinazione di molti profughi che non vogliono rimanere in Italia. L’incertezza burocratica, l’improvvisazione nella tutela e il regolamento di Dublino (che impone al richiedente asilo di rimanere nel Paese di prima accoglienza) generano più illegalità e insicurezza, sia per i rifugiati, sia per la popolazione locale.
Così ci chiediamo se sia caduto nel vuoto l’appello di Papa Francesco, che nel suo primo viaggio pastorale, volle andare a Lampedusa e lanciò il monito contro la globalizzazione dell’indifferenza. Quindi anche noi ci chiediamo: quanto i profughi provocano la comunità cristiana? Abbiamo accolto la parola del Papa oppure consideriamo quanto sta accadendo un problema da risolvere solo dal punto di vista della sicurezza?
A Roma, un gruppo di senzatetto è stato accolto nella basilica di Santa Maria Maggiore. È stato un gesto non mediatico, tanto che qualcuno inizialmente ha parlato di “occupazione”. Un gesto che cambia paradigma, che ha voluto segnare con i fatti l’appello del Papa ad aprire chiese e conventi per l’accoglienza dei profughi. “Sono carne di Cristo” disse nella sua visita al Centro Astalli e i frati hanno preso alla lettera l’appello, trovando una soluzione semplice con regole condivise con i propri ospiti nell’attesa che le istituzioni si attivassero per una più strutturale accoglienza.
E allora anche noi comunità cristiane bergamasche possiamo sentirci coinvolte nell’appello del Santo Padre. Riusciamo pertanto a fare delle riflessioni serie e approfondite sulla questione migratoria e dell’accoglienza nelle nostre comunità? Abbiamo strutture che possiamo mettere a disposizione per l’accoglienza di queste persone? Perché non giocarci noi, in prima persona, come volontari presso la Caritas? Cristo è comunione e proprio nell’incontro con questi profughi potremmo riconoscerne il volto.
Certo, sappiamo delle difficoltà. Non le nascondiamo. Ma con il supporto di persone qualificate possono essere affrontate. E comunque non possono rappresentare la nostra scusa per rimanere indifferenti al grido di dolore di questi nostri fratelli.
don Claudio Visconti, direttore Caritas diocesana bergamasca
don Massimo Rizzi, direttore Ufficio per la Pastorale dei Migranti
Le iniziative in bergamasca
In diocesi i profughi sono ospitati a San Paolo d’Argon, Urgnano e Bergamo.
Ad occuparsi dell’accoglienza è la Caritas diocesana bergamasca con la collaborazione della Cooperativa Ruah.
Per la Giornata internazionale del Rifugiato del 20 giugno, in collaborazione con l’Ufficio per la Pastorale dei Migranti, vengono organizzati due momenti di incontro e aggregazione.
A San Paolo d’Argon, presso la Cascina del Migrante, dalle 18 verrà proiettata la partita dei mondiali, con l’Italia impegnata ad affrontare la Costa Rica, mentre a seguire ci sarà un momento di riflessione.
Dalle 20.45, invece, all’oratorio buffet preparato dagli ospiti della Cascina del Migrante e musica della Bantu Band.
Ad Urgnano, presso la Cascina Battaina, alle 18 si vedrà tutti insieme la partita dell’Italia e seguirà un momento di riflessione.
Alle 20.30 buffet preparato dagli ospiti e partita di calcio Italia-Africa dal vivo.
Cronaca di una giornata “mondiale” svoltasi tra San Paolo D’Argon, Urgnano e l’Africa
di Bruno Goisis, presidente della Cooperativa Ruah

Far memoria, non dimenticare, sono le parole che hanno caratterizzato la giornata mondiale del rifugiato a San Paolo d’Argon e ad Urgnano.
E’ ricordarsi che, secondo un rapporto pubblicato dall’Alto Commissario per i Rifugiati (UNCHR), per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale il numero di rifugiati richiedenti asilo e sfollati interni in tutto il mondo ha superato il livello di 50 milioni di persone………
E’, purtroppo, la storia di un mondo senza pace.
Le 80 persone accolte dalla Caritas Diocesana presso le strutture collocate nelle due località bergamasche, ci hanno consentito di ricordare questa giornata in modo concreto e tangibile attraverso una serie di iniziative.
L’Ufficio Migranti della nostra diocesi insieme alla Cooperativa Sociale Ruah, hanno da subito trovato la disponibilità e l’accoglienza delle rispettive comunità parrocchiali e civili che hanno aderito in modo concreto ai diversi momenti della giornata, articolati secondo uno specifico programma.
Il primo appuntamento ha riguardato, naturalmente, il match dei Mondiali, Italia-Costa Rica….
Interessate è stato ritrovarsi di fronte al maxi schermo e scoprirsi “tutti” tifosi degli azzurri!
I profughi che stiamo accogliendo sono tutti africani ma, durante la partita, il tifo era da stadio e il gol subito dall’Italia con il conseguente risultato finale, ha lasciato tutti nello sconforto, italiani e non.
Dopo la partita c’è stato il momento della preghiera, del ricordo degli affetti lasciati lontano e di chi, davvero tanti, non sono riusciti ad attraversare il mare.
La preghiera si è basata sulla figura di “Giuseppe”, primo profugo nei testi Biblici ed anche nel Corano. Il testo, tradotto in 4 diverse lingue, ha orientato la preghiera guidata da don Massimo Rizzi (Ufficio Migranti) e da don Claudio Visconti (Caritas Diocesana).
Presenti un centinaio di persone sia a San Paolo d’Argon che ad Urgnano, anche gruppi di giovani degli oratori. L’evidente difficoltà della lingua veniva tuttavia superata dalla partecipazione intensa e, a tratti, silenziosa della preghiera personale……chissà dove stavano viaggiando il cuore e la mente dei nostri giovani ospiti……e chissà se avranno percepito che erano per noi loro stessi i “soggetti-destinatari” della preghiera.
Dopo la preghiera i due Oratori profumavano già del cibo africano. Inizia la festa e inizia anche il momento relazionale quello delle curiosità, dell’incontro, delle domande da parte dei nostri giovani ai migranti, dell’ascolto di tante storie …… il tutto davanti ad un “colorato” piatto di riso senegalese.
La serata sarà ancora lunga: ad Urgnano si gioca un match mondiale Italia-Africa, spalti pieni, partita amichevole ma non troppo…..d’altro canto… nessuno vuole perdere!!! Il risultato finale però non cambia: 2-0 per la squadra africana, con tutto ciò che il pomeriggio insieme era riuscito a creare, le emozioni delle storie condivise ed i nuovi amici trovati……ma…si accordano per la rivincita!!!
A San Paolo d’Argon, dopo la cena in Oratorio, un bellissimo concerto della Bantu Band; se il cibo unisce potete immaginare cosa può fare la musica…….e chi li ferma più i giovani che ballano?
L’iniziativa in entrambe le località ha visto la partecipazione di italiani ed immigrati residenti che hanno condiviso un pomeriggio ed una serata con i giovani profughi arrivati sulle nostre coste lo scorso marzo. Un modo credo bello e significativo per iniziare un percorso di condivisione e di accoglienza……già qualcuno chiedeva di poter insegnare l’italiano ai giovani profughi.